PEDIATRIC SIMULATION GAMES INTERNAZIONALE 2019
Intervista ad Allan R. de Caen – Stollery Children’s Hospital di Edmonton (Canada)
“Dal confronto reciproco
squadre italiane ed estere
possono imparare molto”
di Lucrezia Clemente
Il professor Allan R. de Caen al centro della foto
Il professor Allan R. de Caen, dello Stollery Children’s Hospital di Edmonton (Canada), è ormai una presenza fissa ai Pediatric Simulation Games. Per il terzo anno consecutivo ha fatto parte della giuria internazionale che valuta il lavoro svolto dagli specializzandi durante le simulazioni.
Professore quest’anno i Giochi sono diventati una competizione internazionale. Che valore ha la presenza a Latina di università estere e cosa pensa abbia caratterizzato questa edizione?
“Il professor Riccardo Lubrano ha fatto un lavoro incredibile già nelle prime due edizioni mettendo insieme le università italiane. Quest’anno ci sono team che non solo parlano lingue diverse ma che hanno anche approcci, metodi di lavoro e sistemi differenti. Non è facile, ma penso che sia la cosa migliore da fare per le squadre in modo che, lavorando fianco a fianco e osservandosi reciprocamente, possano imparare le une dalle altre”.
Non sempre il tema dell’emergenza viene approfondito nelle Scuole di specializzazione italiane. In Canada, o in altri Paesi, avviene lo stesso?
“Quando osservo come gli specializzandi italiani operano durante le simulazioni penso che, indipendentemente dal grado di formazione ricevuto finora, siano molto esperti nel curare i bambini. Non so se gli studenti in Italia sono tutti a questo livello, ma quelli che vedo qui sono molto bravi, perfino migliori di quelli che vedo in Canada”.
In che misura i Giochi possono essere d’aiuto ai ragazzi nel loro lavoro futuro?
“Quello che si apprende durante i Giochi è una parte importante di ciò che dà ai pediatri “le basi” per curare i bambini. Una parte appunto, ma non tutto quello di cui hanno bisogno. Credo che nel Nord America gli specializzandi siano meno preparati. In Canada, ad esempio, il problema è che gli studenti devono imparare così tanto, riguardo cose così differenti, che sono a contatto con molti meno casi di bambini malati e quindi hanno meno esperienza. Il punto però è capire se gli studenti, che sono qui a Latina, rimarranno così preparati fino all’ultimo anno di specializzazione e se ricorderanno quello che hanno imparato qui”.
Che consiglio dà agli specializzandi per affrontare le prossime prove? Qual è il fattore fondamentale per ottenere una buona performance?
“Penso che una delle cose più importanti per aver successo sia una buona comunicazione di squadra. E per comunicazione non intendo che il team leader parli agli altri membri ma anzi, che li ascolti. La simulazione non consiste in una persona che dà ordini agli altri. E’ un lavoro di gruppo. Quindi, ciò che più conta, è avere efficaci abilità comunicative”.