I racconti degli Specializzandi - PSG 2017

I racconti degli specializzandi

Pediatric Simulation Games 2017

 

 

Quando ero piccola, sognavo sempre di fare esperienza della frase “imparare giocando”. Sembrava una sorta di chimera, di utopia che solo i maghetti di Hogwarts potevano sperimentare. I Pediatric Simulation Games mi hanno smentita e hanno fatto molto di più.

A poco meno di un mese dalla specializzazione, sono stata coinvolta dai miei Colleghi più giovani a partecipare a questi giochi e l’ho fatto con lo scetticismo e la mancanza di fiducia nei miei mezzi che mi contraddistinguono. Fortunatamente, sono anche pronta a cambiare idea nel momento in cui qualcosa supera le mie aspettative e fin dal primo giorno (una volta superato il grande scoglio della fila per la registrazione), mi sono ritrovata catapultata in un’aula variopinta e festosa, in una sorridente babele di accenti e occhi e l’entusiasmo non ha fatto alcuna fatica ad invadermi! Sentivo la responsabilità del mio ruolo da team leader, ma i ragazzi della squadra credevano in me e mi hanno trasmesso moltissima energia, prima, durante e dopo le gare, sia quelle andate bene che quella che ci ha portati all’eliminazione. Se dovessi elencare le cose che ho imparato nei tre giorni di PSG, partirei dal gioco di squadra e da come, banalmente ma non troppo, l’unione possa davvero fare la forza, quando l’obiettivo è comune e il rispetto è reciproco. Ho vissuto l’empatia: riconoscersi umani, perdonare i propri limiti e quelli degli altri. Ho imparato che ce la posso fare, che non è affatto scontato. Il senso di inadeguatezza, soprattutto alle porte della specializzazione, è sempre in agguato, ma il confronto con scenari e colleghi ha alleggerito quel velo di ansia. Un errore non ti definisce. Bisogna difendersi dall’auto fustigazione. Un errore è possibile, ma non diventa il nostro valore.

Come i bambini, abbiamo preso il gioco in maniera estremamente seria e ci siamo divertiti da matti!

Un grazie lo devo a chi ha reso possibile questa esperienza: dagli organizzatori ai nostri coach Alessandro Arco e Franco De Luca.
Un grazie lo devo ai giudici dell’AHA, entusiasti quanto noi!
Un grazie lo devo ai miei Colleghi Simona S., Dominique, Dario, Simona V. e Sara, per la loro fiducia in me, per la loro preparazione che mi sosteneva e per il massaggio cardiaco migliore della storia!
Infine, ai miei ormai quasi ex docenti e colleghi tutti dico di approfittare di tutte le risorse umane e materiali possibili, per allenarsi e vincere ma soprattutto imparare!

Alessandra Santisi

Università di Messina

 


 

Gentile Prof. Lubrano,
ci tengo a ringraziarla personalmente e a nome di tutta la squadra, per la fantastica esperienza.
Sono rimasta entusiasta perché è sicuramente stato l’evento più formativo a cui abbia mai partecipato. Ho trovato tutte le squadre preparatissime ed è stato emozionante capire che il senso dei giochi era stato finalmente raggiunto: urgenza pediatrica si sta diffondendo a macchia d’olio in tutte le scuole di specializzazione!
L’ambiente che si è creato di unione tra gli specializzandi di scuole differenti è stata la riconferma di quanto questa esperienza sia stata in grado di unirci con l’unico scopo di divertirci imparando ciò a cui siamo appassionati.
Grazie per tutto quello che ha fatto per noi, grazie per i corsi di preparazione che è venuto personalmente a farci, insieme alle colleghe romane.
Il momento per me più bello è stato trovarmi a tifare la squadra che il giorno prima ci aveva eliminato dalla gara.
Questo sarà il punto di ripartenza: ho capito che abbiamo ancora tanto da lavorare e la nostra passione verso questa materia si è rafforzata. Non vedo l’ora di riprendere gli allenamenti per continuare a crescere.
A presto,

Beatrice

 


 

L’esperienza dei PSG si è rilevata una delle più formative a cui abbiamo potuto prendere parte, perché oltre a dover studiare, ci siamo messi in gioco concretamente! La simulazione ci ha messi di fronte ai nostri punti deboli, per migliorarli, e ai nostri punti di forza, dandoci più fiducia nelle nostre capacità! Il gioco di squadra ci ha permesso inoltre di imparare a gestire dinamiche di gruppo non sempre facili nella vita di tutti i giorni, ma che, se affinate, possono diventare l’arma vincente di un gruppo che lavora ad alti livelli! Gli esaminatori internazionali, la passione degli organizzatori, la sana competizione e l’entusiasmo di tutti i partecipanti hanno infine reso questi giochi unici!
Grazie Simeup, all’anno prossimo!

La squadra dell’Università di Brescia:
Domenico De Rose, Serena Tripodi, Ilaria Bosio, Fiammetta Zunica, Elisa Cavalleri, Paola Tanghetti

 


 

Buongiorno.

Ripensando ai Simulation Games tra i momenti più intensi e significativi della nostra esperienza ricordiamo prima di tutto la fase della gara, in cui in prima persona affrontavamo i casi proposti, scoprendo l’energia e la sintonia che nasceva dal gioco di squadra, superando le differenze di carattere  e la novità di lavorare insieme, visto che in Ospedale siamo normalmente assegnate a reparti diversi.
Sicuramente questa esperienza è stata per noi un grande motivo di crescita umano e personale, per quanto riguarda la maturazione della capacità di lavorare e collaborare con persone diverse raggiungendo come squadra un risultato superiore a quello che avremmo potuto ottenere dall’abilità isolata dei singoli, ed è stato una crescita dal punto di vista clinico, visto che per partecipare ai giochi  abbiamo dedicato del tempo allo studio e alla prova della simulazione, che rappresenta un ambito per noi abbastanza nuovo.

Un altro momento per noi molto significativo è stato quello del tifo in aula, durante i rientri delle squadre che avevano appena “giocato”, in cui l’energia e l’entusiasmo con cui tutti i presenti partecipavano attivamente alle gare, sostenendo ed incoraggiano le squadre, dimostrava il desiderio di superare il senso di competizione e di far prevalere la condivisione e la collaborazione, due sentimenti importanti che ci portiamo a casa.
L’incontro con tanti specializzandi arrivati da tutta Italia è stato infatti una grande occasione di scambio e arricchimento reciproco: conoscendo e scoprendo i punti di forza di altre scuole di specializzazione torniamo a casa con il desiderio e l’entusiasmo di costruire anche nella nostra scuola esperienze di crescita formativa, per le quali prendiamo spunto proprio da stimoli ricevuti da altri specializzandi.

Ringraziamo per la possibilità di essere stati valutati da giudici internazionali, la loro presenza sia durante le gare che durante le attività più ludiche è stata per noi un motivo di prestigio e di arricchimento molto importante.
Come ogni “prima volta” ci piacerebbe provare a riflettere su quali sono state le debolezze di questi giochi da un punto di vista organizzativo: sicuramente l’aula che ci ospitava era troppo piccola e calda per contenerci tutti, e soprattutto nelle prime due giornate questo ha reso più difficile la concentrazione e l’attenzione, a questo aggiungeremmo la scarsa disponibilità di bagni e la scarsa pulizia di questi ultimi, che ne ha reso poco gradevole la fruizione da parte nostra.
Per quanto riguarda la gare, abbiamo apprezzato il cambio di modalità di esecuzione delle gare dalla prima alla seconda giornata, l’esecuzione delle prove singolarmente e il successivo debrifing in aula ha reso più facile e coinvolgente la possibilità di seguire e comprendere le gare da parte di tutti gli specializzandi, ottenendo un obiettivo formativo da tutte le competizioni. Relativamente al debrifing, ringraziamo i giudici per i numerosi complimenti che hanno riservato alle squadre, ma per il futuro preferiremmo alcune spiegazioni più specifiche sugli errori commessi, con maggior spazio ai “teaching point”, con uno scopo più preciso di insegnamento e crescita.

Infine consigliamo di dedicare un tempo più lungo alla conoscenza e famigliarizzazione con il manichino e il defibrillatore (eventualmente anche con una presentazione video iniziale dettagliata e comune a tutte le squadre) e forse proporremmo di affiancare ai giudici internazionali un giudice italiano, che, superando le barriere linguistiche, possa dare più completezza al giudizio complessivo (ringraziando comunque i traduttori che hanno fatto il possibile per rendere comprensibile ogni parola e ogni comunicazione tra i componenti delle squadre).
Ultima riflessione, se ci fosse la possibilità di trovare qualche sponsor in più, il prossimo anno si potrebbe provare a finanziare anche solo simbolicamente una piccola parte dei giochi a tutti gli specializzandi.
Ringraziando ancora per aver organizzato i Simulation Games e per averci fornito una grande occasione di crescita e di amicizia,
vi salutiamo da Torino.

La squadra dell’Università di Torino
Elena Banino, Marta Baricco, Paola Di Nicola, Alice Pirra, Francesca Poma, Serena Viola

 


 

E arrivi da una piccola scuola di specializzazione ad una realtà che coinvolge 32 scuole da tutta Italia, ti senti piccolo piccolo, non hai mai provato una scena sul manichino e “giochi” contro grandi squadre… Ma fai squadra, ti armi di volontà, ragioni e a prescindere dai risultati ti senti soddisfatto e con tanta tanta voglia di fare ancora e ancora… Perché questo é veramente il più bel lavoro del mondo.
Saluti da Chieti.

La squadra dell’Università di Chieti

 


 

Caro Prof. Lubrano,

in primo luogo è stata una scusa per costringere i nostri docenti a garantirci una preparazione diversa, più pratica. E’ stata una scusa per porre alla Scuola di Specialità la questione della simulazione in medicina, ancora molto osteggiata dai docenti abituati ad un vecchio metodo di insegnamento, utile in certi contesti ma non abbastanza per gli specializzandi. Ed è stata un’onda da cavalcare anche per trascinare i nostri colleghi davanti ad un manichino, dove spesso i nodi vengono al pettine e possono essere sciolti serenamente, senza danneggiare nessuno.

Le giornate dedicate ai giochi sono state un momento di incontro di dimensioni enormi. Quasi tutta Italia, con tutte le sue varietà, era presente in aula in quei giorni. E l’incontro è sinonimo di scambio e lo scambio è crescita. Ancora più che in un congresso, abbiamo potuto discutere con i nostri colleghi italiani riguardo alle differenti scuole, ai diversi ospedali, ma anche di questioni mediche, che hanno stimolato la nostra curiosità e la nostra volontà di formazione.
E’ stato bello vedere tanti coetanei con tanta voglia di imparare: tutti noi ci siamo sentiti meno soli.
Infine i giochi sono stati un modo di mettersi alla prova. Eravamo tutti concorrenti, ma eravamo tutti amici. E’ stato bello vedere una competizione che, fatta eccezione per sporadici elementi, restava onesta, sana, pulita. Come dovrebbero essere davvero dei giochi.

Ma lo scopo fondamentale non era vincere, non era neanche giocare. Abbiamo sbagliato, abbiamo perso, ma ci siamo divertiti un sacco ed abbiamo imparato. Questa è la cosa più importante. Davanti al manichino ci siamo emozionati, abbiamo affrontato lo scenario come una vera squadra. Poi abbiamo discusso tra di noi ed abbiamo fatto il debriefing, così che in futuro, speriamo, non ripeteremo gli stessi errori, che si tratti di un manichino o di un bambino vero.
Imparare un concetto nuovo, memorizzarlo non passivamente ma in modo attivo, fonderlo ad un’emozione per non dimenticarlo.
Non per ultimo vedere le altre gare come ad un cinema dedicato alla simulazione ed alla medicina; vedere i debriefing delle altre squadre per imparare anche dagli errori degli altri. Per alimentare il confronto e crescere.
Queste sono le emozioni ed i pensieri.

Per quanto riguarda l’organizzazione, nel complesso non ci sono particolari lamentele. L’unico dubbio è che con l’eliminazione diretta siamo rimasti a Roma per giocare solo 10 minuti.
Come abbiamo già detto, un’idea per fare qualcosa di diverso potrebbe essere quello di mescolare i giocatori delle varie scuole piuttosto che fare una squadra per scuola.
Con l’occasione ancora grazie per l’organizzazione e la possibilità di partecipazione, è stato bello e ci siamo divertiti.

Gli Sciumegu
Università di Genova

 


 

Inizialmente, quando abbiamo letto che a Giugno 2017 si sarebbe svolta la prima edizione dei Pediatric Simulation Games, la voglia di mettersi in gioco in una nuova avventura era tanta ma con essa anche la perplessità di non essere sufficientemente preparati. Incuriositi dalla novità, abbiamo cercato di coinvolgere i nostri colleghi per formare un gruppo motivato che avesse la buona volontà di studiare ed impegnarsi nella preparazione. Sono stati mesi complicati, in quanto abbiamo avuto scarso supporto da parte di figure più esperte, non è stato semplice reperire un manichino e il restante materiale necessario per fare simulazioni ma anche perché alcuni membri del team si trovavano fuori regione per diversi mesi. D’altra parte sono stati mesi entusiasmanti, nei quali siamo diventati un team affiatato, capace di incoraggiarsi e aiutarsi reciprocamente; sono stati l’occasione per frequentare corsi come il PALS ed approfondire le nostre conoscenze nel campo dell’emergenza pediatrica, anche considerando che attualmente nella nostra sede gli specializzandi di Pediatria non hanno la possibilità di frequentare in un Pronto Soccorso Pediatrico.

Le giornate dei Pediatric Simulation Games sono state intense e formative, ci hanno permesso di confrontarci con le realtà delle altre Scuole di Pediatria italiane e di conoscere tanti colleghi.
Seguire le sfide degli altri team è stato utile per riflettere sui nostri errori, per imparare dalle prestazioni altrui e per prendere coscienza del buon grado di preparazione di tutte le squadre.
Al termine di questo percorso possiamo dichiarare di sentirci cresciuti dal punto di vista personale e migliorati professionalmente. Per questo motivo il giudizio complessivo dell’esperienza non può che essere molto positivo: la simulazione rappresenta il metodo di apprendimento più fedele alla realtà e crediamo fortemente che andrebbe praticata con regolarità nelle realtà ospedaliere ed inserita nel percorso formativo delle scuole di specializzazione.

Il team di Cagliari

 


 

L’evento di Roma ha saputo accogliere insieme molte potenzialità ed è stata un’occasione di confronto per i singoli e per le Scuole di appartenenza: le esigenze formative di medici specializzandi  in Pediatria provenienti da differenti percorsi sono riuscite ad incontrarsi con un intento condiviso. Il bagaglio di preparazione che ha preceduto le giornate romane era carico di aspettative differenti, che in qualche modo hanno saputo dialogare alla ricerca di un linguaggio comune. L’esperienza della simulazione ad alta fedeltà ci ha misurato con noi stessi e con gli altri, aumentando la nostra consapevolezza e la nostra preparazione negli scenari dell’urgenza-emergenza, a cui spesso non siamo pronti. Quando si è giovani, nonostante l’ardore di voler fare e la passione con cui si acquisiscono nuove competenze, si sente indubbiamente la mancanza dell’esperienza. L’occasione di uniformarsi secondo un metodo universale e sostenuto dall’evidenza è una risorsa che spinge a continuare la nostra formazione con cura.

Ringraziamo il Prof. Lubrano e tutta l’organizzazione per questa preziosa opportunità!

La squadra di Torino pediatria d’urgenza.

 


 

La verità è che non ci aspettavamo proprio che sarebbe stato così.

Appena arrivati, complice un gran caldo e l’ansia da prestazione, eravamo un po’ in agitazione. Poi appena abbiamo preso posto in aula ed è stato dato l’avvio alla giornata, ha preso piede un clima di fermento, allegria e sana competizione che sembrava quasi di giocare per un torneo estivo. Il punto cruciale è che per davvero partiva e arrivava tutto (d)agli specializzandi: c’è stato qualcuno che ha investito in gente giovane ed entusista di fare questo lavoro. D’altro canto noi non ci siamo tirati indietro.

Prima di ogni gara era un misto di paura e adrenalina a farla da padrone: e se fossimo eliminati subito? e se sbagliassimo diagnosi? e se facessimo morire Guglielmo (il paziente manichino che si è affidato a noi)?! Appena si entrava nel box e la simulazione iniziava però, cambiava tutto: sembrava di essere davvero in PS a gestire un “bambino vero” e i suoi genitori. Tutti concentrati e uniti si cercava di fare del nostro meglio. Senza mollare un secondo. Facendo venire fuori il meglio dell’essere medico. Che poi alla fine non è tanto il temere la sconfitta, quanto la paura di perdere. E allora avanti, concentrati, convinti e sorridenti.

Poi quando ti dicevano che la prova era finita, uno sguardo con la squadra (saremo andati bene?), un respiro, un sorriso e via…e fuori dalla porta travolti da noi stessi e dalle nostre idee: parlare, cercare di correggerci, migliorarci. Entusiasti.
Quello che veramente ha fatto la differenza però era il rientrare in aula, dove coetanei, amici, giovani specializzandi come noi (stessi dubbi, stesse paure, stesso entusiasmo) erano pronti ad accogliere i colleghi con un applauso tanto bello da sembrare la stretta di abbraccio sorridente. E nessuno si sottraeva a questo. Spirito di competizione (forse più rivolto agli scenari) tanto forte quanto lo spirito di squadra: siamo specializzandi, ci siamo e stiamo imparando!
La verità è che non ci aspettavamo proprio che sarebbe stato così, coinvolgente!
In cinque anni di specialità capita che ci siano dei momenti di fatica, ma questo genere di cose ti aiutano a ritrovare l’energia e la voglia di migliorarti. E allora, non vediamo l’ora dei PSG.2!

La squadra Milano Bicocca

 


 

Gent.mo Prof. Lubrano,

è difficile riassumere in poche parole le emozioni dei giorni trascorsi a Roma.
Se dovessimo provarci, quello che ci ha più colpito è l’aver sviluppato uno “spirito di squadra” così forte. L’intesa cresciuta tra noi,scenario dopo scenario, è forse il tesoro più importante che portiamo a casa: ci ha permesso di scoprire come essere un team sia fondamentale nella gestione dell’urgenza, ma anche nella più ordinaria pratica clinica.
Il confronto con le squadre “avversarie” e il debriefing con una giuria internazionale è stato inoltre occasione di importante  crescita formativa. Il clima che si era creato
in aula “simulava” la sportività e l’entusiasmo di vere Olimpiadi, contornato di tifo sincero e prorompente.
E’ stata inoltre un’opportunità che ci ha  permesso di metterci “in gioco”
individualmente, permettendoci di crescere come persone e di sfidare i nostri limiti perché la nostra squadra potesse dare il meglio.
Non abbiamo vinto come squadra, ma ciascuno di noi torna a casa vincitore, con un indimenticabile, vero, insostituibile bagaglio di esperienze!
Di tutto questo, vi ringraziamo di cuore.
Non vediamo l’ora di tornare l’anno prossimo!

Marco, Francesco, Paola, Francesca, Francesca, Chiara, Federico, Valeria e i Coach Valentina e Silvia
Squadra di Padova

 


 

Modena-Roma andata e ritorno

Cosa ha significato per noi l’esperienza dei Pediatric Simulation Games di Roma?
Tutto il percorso di preparazione è stato tanto difficoltoso quanto stimolante, avendoci permesso di approfondire in modo autonomo la gestione di casi clinici semplici e complessi per cui abbiamo dovuto incrementare le nostre abilità pratiche oltre che teoriche, partendo quasi da zero.
Cosa ci rimarrà? Un metodo preciso di valutazione del paziente anche nei casi più critici, il lavoro di squadra e l’ascolto come risorse per evitare errori di fissazione o di distrazione, la familiarizzazione con situazioni che fanno paura, il rafforzamento di competenze grazie alle emozioni vissute durante le simulazioni.
Forse l’insegnamento più grande della simulazione e del debriefing è la percezione dell’errore non come dimostrazione d’incapacità, ma come parte di un percorso assolutamente imprescindibile per imparare.
Siamo tornati da Roma molto entusiasti e decisi nel portare la simulazione nella nostra realtà, oggi abbiamo sostituito un caso clinico in power point con uno scenario di simulazione. Grazie per averci regalato questa splendida opportunità di apprendimento.

Università di Modena
“Sometimes you win, sometimes you learn!”
Caterina Elisa Alessandra Lucia Carlotta Giovanni Vitaliana Monica

 


 

Gentile Prof Lubrano,

È la squadra dell’Università degli Studi di Firenze che le scrive per renderla partecipe di quello che per noi hanno rappresentato i Pediatric Simulation Games, evento da Lei promosso e riuscito.
Al momento dell’iscrizione, ci siamo subito rese conto della potenzialità dell’iniziativa, che veniva a colmare una carenza già evidente ai nostri occhi che riguardava la formazione nell’Emergenza Pediatrica.
Nel nostro ospedale di simulazione si parla già da tempo ma è sempre stata una “materia” dedicata ai medici strutturati del Pronto Soccorso e solo a volte ci ha visti coinvolti come partecipanti o, più spesso, come attori.
Abbiamo messo su una squadra composta da specializzande inserite in differenti percorsi formativi. Fondamentale l’aiuto delle “riserve”, colleghi che si sono appassionati all’iniziativa pur senza parteciparvi in prima linea.
Non è stato facile trovare tempo, spazi disponibili e materiali ma con l’aiuto di alcuni medici e infermieri del Pronto Soccorso abbiamo reinventato un ripostiglio a “stanza rossa” per simulare con un manichino a bassa fedeltà e un deodorante travestito da sonda ecografica.
I mesi precedenti i PSG sono stati intensi di studio teorico e di allenamenti, con un miglioramento tangibile delle nostre competenze mediche e dell’identità di gruppo.

Arrivate a Roma, ci siamo sentite parte di un popolo di 250 specializzandi, 32 scuole diverse, ed è stato emozionante condividere la stessa energia e voglia di migliorarsi, a dimostrazione che siamo una giovane realtà lavorativa “in divenire” sulla quale merita investire per avere un personale medico futuro più competente.
La possibilità di assistere a cosi tanti scenari e soprattutto ai debriefing, momenti fondamentali di istruzione, ha avuto un tale impatto formativo sia sul gruppo sia sul singolo individuo da aumentare la performance di ciascuna squadra partecipante.
La vittoria è unanime per tutte le scuole: in questo momento storico in cui sembra che sia così difficile modificare alcune consuetudini, un evento del genere spalanca le porte ad un metodo nuovo, seppure ormai consolidato, di apprendimento.
La simulazione è una componente fondamentale della formazione dei giovani medici che arricchisce dal punto di vista della conoscenza, della crescita professionale, personale e del lavoro in team, tutti aspetti che crediamo essere imprescindibili nella professione che andremo a svolgere.
Torniamo, quindi, nelle nostre città con una valigia colma di emozioni, nuove conoscenze e tanta voglia di condividere con i nostri colleghi che non hanno avuto la fortuna di partecipare ma, soprattutto, con l’intenzione di diventare ancor più attivamente partecipi del nostro percorso formativo.

Che dire…KEEP CALM and BE READY for PEDIATRIC SIMULATION GAMES 2018!
Università degli Studi di Firenze

 


 

Per noi specializzandi di Pediatria della Scuola di Bologna, i Pediatric Simulation Games sono stati un’occasione unica. Tali giochi ci hanno infatti arricchito sotto vari aspetti: ci hanno sensibilizzato verso il problema dell’urgenza (tematica poco frequente in età pediatrica), hanno posto le basi per la lettura e la gestione di tali problematiche, hanno inoltre contribuito a renderci (almeno in parte) più sicuri nella gestione iniziale e nel primo soccorso di pazienti acuti.
Tale esperienza è stata importante non solo da un punto di vista professionale ma anche, e sopratutto, sotto il profilo umano. In particolare, il confronto con una giuria internazionale, estremamente competente, capace di mettere in risalto punti di forza e di valorizzare il lavoro di squadra, è stato estremamente prezioso. Da i vari debriefing abbiamo sempre ottenuto insegnamenti e spunti per poter migliorare.

Altrettanto utile è stato il confronto con le altre realtà nazionali.
Crediamo davvero che la simulazione sia uno strumento importante per la crescita professionale del medico ma ancora di più della squadra medica: perché, come abbiamo potuto vedere (e constatare), non è possibile una buona risoluzione dello scenario  se non vi è buon lavoro di equipe!
Esperienza assolutamente da fare e sopratutto da ripetere, affinché questa modalità di lavoro entri a far parte della forma mentis di noi futuri pediatri!
Se possiamo, come suggerimento per le prossime edizioni (e speriamo ve ne siano molteplici!), sarebbe forse da rivedere la parte organizzativa (forse troppe squadre che gareggiano a ritmi intensi nei primi due giorni, sapere il risultato solo al termine delle prove di tutti i primi specializzandi, spazi un pò ristretti…).

Università di Bologna
Gli specializzandi di Pediatria della Scuola di Bologna.

 


 

DRIIIIIIN !! Arriva un messaggio nella nostra chat del gruppo specializzandi Sant’Andrea. Lo leggo. Diceva:”RAGAZZI STANNO ORGANIZZANDO I GIOCHI DELLA SIMEUP!!”. Io: “COSAAAAA?”.  Risposta:”SIIII, I PEDIATRIC SIMULATION GAMES!!!”
Come potevamo rifiutarci di partecipare a questa iniziativa?! Da quel pomeriggio, noi, gli specializzandi di Pediatria del Sant’Andrea, non abbiamo fatto altro che pensare a come prepararci a questa sfida che avrebbe coinvolto una trentina di squadre di tutta Italia.
E quindi viaaaaaa con le serate di studio ed esercitazioni, tra defibrillazioni, Joules, Adrenalina, Guedel e maschera laringea! Quante cose abbiamo imparato, tra una risata e l’altra! Come dimenticare la faccia della nostra addetta al defibrillatore la prima volta che ha capito che quello strano marchingegno non era né spento né un giocattolo, ma STAVA DEFIBRILLANDO PER DAVVERO!

Mille casi clinici, mille scenari, tante nuove nozioni tecniche, sempre con un pizzico di emozione, come se il manichino fosse vero, e lì ci fosse davvero un bambino da salvare!
Il giorno dell’inizio della gara ci sentivamo come il giorno degli esami, con l’adrenalina in circolo e la voglia di fare bene! Abbiamo salutato tutte le squadre d’Italia. Eravamo tutti emozionatissimi ! Abbiamo ricevuto molti messaggi di sostegno dei nostri colleghi e dei nostri istruttori, che erano lì con noi con il cuore e con la mente!
Ci siamo sfidati con la squadra di Palermo ed il nostro scenario era quello di un arresto cardiaco in corso di Tachicardia Ventricolare. Abbiamo fatto un errore che ci è costata l’eliminazione. Ma abbiamo compreso e, felici, abbiamo capito che quello che conta davvero è tutto quello che abbiamo imparato attraverso questi giochi. Certamente la gestione di una tachicardia ventricolare non la dimenticheremo mai più!
Un grazie al Prof. Lubrano e…. ci rivedremo il prossimo anno!

Università di Roma La Sapienza Sant’Andrea
Gli specializzandi di Pediatria del Sant’Andrea

 


 

La partecipazione ai Pediatric Simulation Games che si sono svolti a Roma nei giorni 8-11 Giugno è stata un’occasione per cimentarci in qualcosa fino ad allora per noi sconosciuta: la simulazione medica ad alta fedeltà.

Purtroppo, partendo da 32 squadre sfidanti e trattandosi di ”giochi” ad eliminazione diretta, la nostra squadra si è fermata al primo turno di gare, assieme ad altre 15, che sono state tagliate fuori in prima giornata dalla competizione. Ma, nonostante tutto, sono assolutamente soddisfatto, sarebbe stato bello vincere ma l’obiettivo era portare la simulazione medica all’interno della nostra scuola di specializzazione. Tale progetto è partito questo anno accademico, senza particolari risorse umane, con materiali a disposizione rappresentati da manichini a bassa fedeltà, ma con una grande motivazione e passione individuale da parte degli specializzandi, che si sono dedicati a questo modo di apprendere e crescere professionalmente, e con l’impegno di alcuni anestesisti che ci hanno aiutato a migliorare le nostre conoscenze.

Sicuramente non è stato facile. In pochi mesi ci siamo dovuti improvvisare per realizzare simulazioni con pazienti pediatrici immaginari in situazioni critiche di emergenza-urgenza e riuscire a gestirle. Conciliare le attività assistenziali connesse al lavoro  quotidiano e allo studio di tutta la pediatria d’urgenza è stato sicuramente difficile e realizzabile solo per la voglia di imparare che caratterizza ciascuno di noi. Più volte la giornata lavorativa si è conclusa con incontri serali in ospedale o riunendosi a casa fino a tarda notte, unici momenti in cui ognuno era libero da turni e guardie. In tutti questi momenti abbiamo, tra l’altro, imparato a conoscerci, a lavorare in squadra, a riconoscere pregi e difetti di ciascuno e a compensarci vicendevolmente per lavorare bene ed efficientemente come team di emergenza.

L’impegno profuso in tutta la preparazione e l’eliminazione al primo turno ci ha, sicuramente, lasciato l’amaro in bocca. Rivalutando l’accaduto a mente lucida, tuttavia, abbiamo concluso che è stata una sconfitta meritata contro una squadra ben più preparata di noi, questo va riconosciuto. Certo è che si trattava di una squadra proveniente da un ambiente dove la simulazione viene coltivata da anni, in modo sistematico, come metodo di apprendimento e quindi avevamo oggettivamente poche possibilità di successo, essendo partiti da pochi mesi e da zero.

I giochi sono finiti, abbiamo capito che la simulazione è un modo molto efficace per coniugare il sapere ed il saper fare. Situazioni di emergenza come un paziente in arresto cardiaco o in peri-arresto erano state affrontate solo teoricamente nel corso degli studi da ciascuno di noi, ma fino a pochi mesi fa non avevamo idea di come si affrontasse, in modo organizzato e efficace, una situazione di questo tipo. Con questi giochi abbiamo avuto modo di imparare a saper mettere in pratica le procedure per un soccorso medico avanzato.
Non vediamo così spesso simili scenari nella realtà, lavorando in un reparto di Pediatria e non essendo rianimatori, ma pazienti critici, talora, ci troviamo a gestirli nell’attesa dell’intensivista. Sono questi  i momenti,  caratterizzati da forte partecipazione emotiva e di grande concitazione, dove il binomio sapere e saper fare deve essere più unito e tempestivo che mai.

Obiettivi futuri? La simulazione è partita, l’interesse è presente e vivo. Grazie alla sensibilità mostrata dal nostro Direttore di Scuola presto, con buone probabilità, potremo disporre di un nostro ambiente dove esercitarci con un manichino ad alta fedeltà, assieme ai medici strutturati e agli infermieri. Assieme agli altri colleghi, daremo il nostro contributo per dar vita a questo progetto per avere magari, come obiettivo secondario, una rivincita nelle future edizioni dei Pediatric Simulation Games. Quello primario è, certamente, quello di migliorare la qualità delle prestazioni erogate per i nostri piccoli pazienti.

Concludendo, speriamo vivamente di poter vedere nei prossimi anni la diffusione, all’interno della nostra realtà assistenziale, l’approccio alla gestione dell’emergenza pediatrica sempre più aderente al lavoro in team indicato dalle linee guida PALS. Come specializzandi vogliamo contribuire a raggiungere questo obiettivo importante anche per coloro che si formeranno in futuro presso la nostra Scuola di Specializzazione.

Università di Pisa
Botti Matteo, Ferrara Marianna, Ferretti Elena, Gigantesco Beatrice, Lorenzoni Francesca, Marchese Pietro, Micheletti Maria Vittoria, Miggiano Nicoló