IN PREPARAZIONE AL PEDIATRIC SIMULATION GAMES INTERNAZIONALE 2019
Intervista alla squadra di Napoli “Federico II”
“Siamo un gruppo ben assortito
e ci accomuna un’allegria
… da pazz!”
Intervista alla squadra di Napoli “Federico II” 2019 prima del Pediatric Internazionale
di Lucrezia Clemente
I Pediatric Simulation Games arrivano alla terza edizione che diventa anche internazionale. A quante edizioni avete preso parte e perché avete deciso di iscrivervi anche quest’anno?
“La nostra Scuola ha partecipato anche alle due edizioni precedenti. Sono state proprio queste esperienze, così formative e interessanti, sia per chi partecipa che per chi solamente assiste, che ci hanno spinto a iscriverci e questo, di certo, non sarà l’ultimo anno! Molti dei giovani della nostra Scuola si stanno appassionando insieme a noi”.
Secondo voi fino ad ora i Pediatric Simulation Games cosa sono stati? Un’occasione di apprendimento? Una competizione? O che altro?
“Il lato competitivo è sicuramente una spinta in più, ma noi cercheremo di sfruttare l’aspetto formativo, soprattutto considerando che non abbiamo un percorso interno dedicato alle emergenze pediatriche e il nostro pronto soccorso è esterno alla struttura principale.
Senza dubbio, per gli specializzandi della nostra Scuola, i Games sono l’occasione formativa più importante in questo campo”.
Rispetto agli anni scorsi, quali difficoltà vi aspettate di incontrare? Cosa avete imparato che non rifareste? E su quali aspetti avete impostato la preparazione per migliorare la vostra performance?
“Le difficoltà, verosimilmente, sono le stesse tutti gli anni: imparare un metodo di comunicazione, cercare di pensare con un approccio al problema e non cercare la diagnosi, lavorare in un team coordinato.
I nostri istruttori sono gli specializzandi che hanno partecipato alle edizioni precedenti, cerchiamo di trasmetterci esperienze, errori e insegnamenti, e i loro messaggi vertono proprio su queste problematiche che sono anche le meno immediate.
Tutti possono imparare le flow-chart a memoria, ma il difficile è comunicare nel modo giusto; è proprio su questo che abbiamo provato ad insistere. Speriamo sia stata la scelta giusta!”.
Qual è il vostro metodo di allenamento e come è cambiato nel tempo?
“Inizialmente siamo partiti con scenari già fatti, simulando su un manichino arrangiato con tanta fantasia ma ci siamo resi conto che pensavamo sempre alla diagnosi e comunicavamo poco.
Adesso invece lavoriamo su scenari misti, che comprendono più problemi, provando a passare da un argomento all’altro, in modo tale da essere meno legati all’algoritmo o a una diagnosi, e a essere più concentrati nel risolvere il problema clinico (non respira, non c’è battito etc.)”.
Potreste raccontarci qualche aneddoto relativo alla fase di preparazione?
“La parte in cui più ci divertiamo è quella dell’anamnesi, quando ‘spediamo’ uno della squadra a fare il SAMPLE e a parlare con una delle riserve che impersona un familiare del paziente.
Ci divertiamo a interpretare personaggi eclettici e coloriti, spesso parlando in dialetto stretto o dicendo cose strane per confondere le idee. In un’occasione eravamo talmente nel pallone che il collega deputato alla raccolta dell’anamnesi chiese candidamente: “Signora, come mai siamo qui?” e la finta mamma rispose: “Guardi, io ho portato mio figlio che non respira, e lei invece, come mai è qui?”.
Questa è la prima edizione dei Pediatric Games a livello internazionale. Ci saranno squadre francesi, spagnole, algerine e lettoni in competizione con quelle italiane. Per la vostra esperienza di rapporti con altre scuole di pediatria d’urgenza, cosa vi aspettate?
“È un ulteriore valore aggiunto di questa esperienza. Non possiamo che beneficiare da un confronto internazionale, per non parlare delle possibilità di scambio e collaborazione tra Scuole di Paesi diversi”.
La partecipazione ai Pediatric Games ha avuto qualche effetto sul prosieguo del vostro corso di studi. In qualche modo, ne è stato tenuto conto dai docenti?
“Toccato un tasto dolente, pochi dei nostri professori sono interessati e ci supportano in questa esperienza anzi, abbiamo dovuto superare non pochi ostacoli organizzativi. Ma è stato un ulteriore stimolo a impegnarsi di più, se non altro per quei docenti che, invece, hanno apprezzato e vorrebbero partecipare insieme a noi”.
Se doveste dare un “nickname” alla vostra squadra in base alle sue caratteristiche, quale scegliereste?
“Je so’ Plas, parafrasando la canzone di Pino Daniele! ll nome della squadra dice tutto, siamo un gruppo ben assortito, ognuno con caratteristiche diverse, ma ci accomuna un’allegria e un’esuberanza quasi da folli… da pazz!”.
LA SQUADRA
Federica Annunziata
Alberto Casertano
Raimondo Cecere
Marta Palma
Martina Peluso
Emanuela Rossitti
Enrico Sierchio
Andrea Smarrazzo
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